L’ambiente negato

Il Vesuvio da cava SARI a Terzigno (foto di C.Teodonno)

Là dove, l’incoerenza di un ambientalismo all’acqua di rose e istituzioni assenti, riducono la tutela ambientale vesuviana a un mero esercizio estetico, danneggiando l’ambiente naturale forse più di chi ne minaccia il già precario equilibrio.

Cos’è un parco nazionale? Sembra una domanda scontata ma vi assicuro che non lo è; non lo è perché purtroppo, il passaggio dalle parole alla realtà, dai buoni propositi alla loro messa in atto, non è poi così facile e applicabile, anche là dove, lo scopo preciso, fondante e unico, come quello di un’area protetta, è quello di difendere la natura che circoscrive.

Purtroppo, fare ambientalismo alle nostre latitudini non è mai stato facile, ma oggi è ancor più difficile perché sulla carta è cosa lecita e normata, ma nella pratica stiamo ancora all’anno zero, poiché la tutela dell’ambiente, anche se non c’è, viene data per scontata o mistificata con la logica delle carte bollate e confusa con la propaganda delle eccellenze, che altro non sono, nel migliore dei casi, che eccezioni alla regola. Già la parola ambientalismo sembra ormai una bestemmia alle orecchie di molti, una parola che racchiude il fastidio e l’astio verso chi, visto come sfaccendato o con tutt’altre intenzioni, rompe le scatole agli altri, altrimenti indaffarati nel loro lavoro. Orbene, nel mondo c’è di tutto, c’è pure chi sfrutta l’ambiente per scopi personali, per aver un suo tornaconto, un curriculum da spendere ai fini politici o addirittura per lucrarci sopra ma, a maggior ragione c’è chi, dall’altro versante, oltre a guadagnare con le sue attività più o meno lecite, inquina, deturpa e distrugge.

Ma il vero grande problema dell’ambientalismo è come farlo uscire fuori dalla propaganda che certi movimenti e certe associazioni hanno creato e che creano ancora oggi, e come svincolarlo dalle mode, dai dogmi e dalla fidelizzazione politica e farlo definitivamente approdare al mondo della realtà. Questo vale a maggior ragione per quegli enti che scambiano la promozione con la tutela ambientale o premettono lo sviluppo territoriale sempre a sfavore della tutela dell’area protetta. Ovviamente mai nessuno ammetterà questa discrasia ma se l’attività di chi amministra un parco verterà quasi esclusivamente su eventi promozionali mentre il suo contesto naturale versa nel degrado più assoluto, ci sarà veramente poco da negare e sarà l’evidenza dei fatti a parlare meglio di ogni altra sagra.

Non saranno i numeri dei turisti, tra l’altro con un indotto irrisorio rispetto alle decantate cifre, a proteggere un ambiente che loro stessi deturpano, perché va ricordato che se è vero che un parco nazionale deve considerare lo sviluppo e la promozione locale, deve primariamente proteggere l’ambiente ma pare che quest’atto fondamentale, non solo sia l’ultima cosa tenuta in conto, ma che non la si applichi neanche.

A parlare quindi non saranno gli spot del bengodi vesuviano ma le discariche entro i confini dell’area protetta e chi entra tranquillamente a sporcare le nostre pinete, a cacciare, a scorrazzare in moto e in quod, chi vi organizza gare automobilistiche e chi trasforma la colata lavica del ‘44 in un rave party facendo rimbombare musica techno e reggaetón nell’Atrio del Cavallo, ma anche chi vi sale con un bus là dove dovresti entrarvi con un permesso anche solo se ci vai a piedi, chi vi costruisce abusivamente e così via perché tutto quello che sta sulla carta, sui documenti, sul piano e sul regolamento del parco, così come nella legge quadro, serviranno da impalcatura al nulla o per infierire su qualche poveretto al quale toccherà per sorte passare al vaglio degli umori di una politica che a fasi alterne applicherà la sua di legge a dispetto di natura e giustizia.