Salvini e il corpo del reato

Il corpo delle donne pronto per ogni uso commerciale (foto fonte web)

Salvini:

“Dico a Luigi che combattere la droga significa anche combattere la mafia …” [1]

“La droga fa male, se bisogna legalizzare o liberalizzare qualcosa, parliamo invece della prostituzione, visto che far l’amore fa bene sempre e farlo in maniera protetta e controllata medicalmente e sanitariamente[2]

La droga fa male e, su questo assunto, concorderemmo pure con Salvini ma vorremmo sottolineare alcune cose a riguardo alcune questioni che, ancora una volta, vengono esaurite nell’ambito della faziosità e del luogo comune, distogliendo lo sguardo e le menti da cose sicuramene più importanti per un paese ancora alla ricerca di una sua identità morale.

La mafia gestisce il traffico di stupefacenti e questo lo si sa, ma la cannabis in questione, stigmatizzata dal ministro degli interni, sarebbe stata quella legalizzata e a basso contenuto di THC (il tetraidrocannabinolo, il principio attivo presente nella marijuana) e comunque, volenti o nolenti, sotto un minimo di controllo dello stato, così come altre sostanze come il tabacco o alimenti nervini o comunque li si voglia chiamare, e che pure fanno male e portano pesanti esborsi all’erario in termini di sanità ma anche per notevole peso sociale come l’alcool. È sempre stata stucchevole la polemica pro e contro le droghe leggere ma stavolta, con la contrapposizione droga/prostituzione si è scesi ancora più in basso.

La mafia non gestisce solo le droghe, leggere o pesanti che siano, ma anche altro, come purtroppo anche la prostituzione, lucrando sul traffico di esseri umani e di certo, chiamare amore il sesso a pagamento è un ammiccamento poco rispettoso verso le donne in generale, così come verso quelle poverelle che battono per costrizione il marciapiede, considerate ancora oggi oggetto sessuale e non come esseri umani e schiacciate sotto il peso del più odioso degli andanti: quello del mestiere più antico del mondo. A farlo sono i loro clienti, ma anche i nostri politici, quelli che non possono fare a meno di enfatizzare la loro avversione, non verso il puttaniere di turno, non verso i consumatori, ma verso le prostitute che devono essere segregate là dove nessuno potrà mai vedere la loro sconveniente presenza; o verso gli spacciatori, verso chi sai che si insinua nelle maglie larghe di un’impalpabile e quindi non facilmente individuabile delinquenza organizzata, e verso chi puoi addurre a qualche categoria generica del male o che presumi sia tale: da sempre i rom, ora i migranti, ieri i meridionali, domani chissà chi altro ancora; gente che spesso fa il lavoro sporco per alimentare i vizi di una società decadente che non ama sporcarsi le mani ma alla quale piace godere senza sapere. Il nostro ministro della paura dimentica però una delle regole basilari dell’economia, quella che è sempre la domanda che fa l’offerta e non il contrario; ma il cliente no, nella logica della customer satisfaction, il cliente non si tocca mai, lui, ha sempre ragione perché il cliente vota.

 In questa fiera delle ovvietà e di esternazioni da dopopasto del camionista, viene meno ogni benché minimo buon senso, dimenticando non solo che il corpo delle donne non è una semplice cosa ma l’essenza carnale di una persona che, in quanto tale, meriterebbe il rispetto dovuto alla stessa anima e non quindi un semplice usufrutto, gratuito o a pagamento che sia, ma soprattutto sia ben chiaro che dove c’è guadagno, c’è mafia e quindi, questa, non la si può sconfiggere solo vietando l’oggetto dei suoi interessi ma attaccandola direttamente, proprio dove più le duole, dove gira tanto denaro, là dove la stagnazione economica ha reso la liquidità tanto rara da renderne quanto meno sospetta la grande quantità disponibile. Ma la base di ogni mafia, la si riconosce anche in quei contesti insospettabili, quella che si insinua nella cultura di questo paese, lì dove esiste un pensiero mafioso di prevaricazione, dove esiste la mafiosità della raccomandazione, quella del clientelismo, del favoritismo, quegli stessi concetti che Salvini diffonde mascherati da perbenismo con le sue parole ruffiane e qualunquiste che colpiscono i meno schermati all’irradiazione mediatica di chi ci vuole, più che acquirenti, merce di scambio, e che al contempo alimenta lo stesso mercato di stupefacenti e prostituzione, lo stesso che fittiziamente combatte, giustificando un malcostume che andrebbe invece stigmatizzato e sradicato una volta per tutte e non reiterato come regola di vita.