Un giorno da turista sul Vesuvio

Gruppo di turisti in coda a Quota 1000

L’odissea di un turista nel suq vesuviano di Quota 1000

Ho una figlia che vive all’estero e che, di tanto in tanto, mi viene a trovare; stavolta lo ha fatto col suo fidanzato spagnolo e quindi, tra le tante bellezze della nostra terra, non potevo fare a meno di mostrargli ciò che per me non è solo un vulcano o un’area protetta qualsiasi ma un qualcosa di più, una parte della mia persona, della mia vita, ovvero il Vesuvio. Da sempre luogo imprescindibile per chi visita il nostro Paese, ma per me ha un valore particolare, portarli lì era come aprire le porte di casa ad un ospite.

Non che non avessi timore di mostrare qualche stortura nel nostro sistema d’accoglienza, fin troppo opportunista ed insolente nei confronti dei turisti o una pulizia tutt’altro che impeccabile del territorio, ma speravo, almeno in quest’occasione, di riuscire a fare un po’ come fan tutti, voltare la faccia altrove o minimizzare la cosa. Purtroppo non ce l’ho fatta. Anche perché avrei rischiato, agli occhi di mio genero, di essere un ipocrita o, quanto meno, più ipovedente di quello che già ero.

Memori della bella esperienza agli scavi di Ercolano, dove avevamo ricevuto una gioviale e professionale accoglienza, ci scontriamo subito contro la squallida realtà della strada provinciale che, per quanto arricchita da tempo con il museo a cielo aperto di Creator Vesevo, si presentava con le stesse statue inondate da cumuli di fazzoletti e profilattici, lasciati nottetempo dall’amore molesto dell’impeto dei lombi partenopei. Qualche piccola discarica estemporanea coronava il tutto, nei radi passi carrabili e nelle rientranze che si incontravano lungo il cammino.

Giunti a quota 800, là dove la Provinciale diviene strada comunale, veniamo prontamente bloccati da alcuni energumeni con occhialoni da sole e atteggiamento stile Gomorra, catena al collo e con mani inanellate d’oro. Uno di questi mi intima, con la mano sul finestrino, quasi ad impormi la sosta: “dove andate, vi dovete fermare qui, non si può andare più avanti” – io, capito il personaggio e inteso che non era il vigile urbano che ormai da tempo latitava in quel luogo, gli rispondo: “io sono un giornalista, ma voi chi siete?” – lui risponde: “ noo, pe’ carità passate pure, lasci’o passa ‘o signore, è nu giurnalista!” Scoprirò più tardi che il personaggio in questione e i suoi compagni erano quelli che conducevano le navette lungo i circa due chilometri che ti separavano da Quota 1000, chissà, magari uno di quelli che in questi giorni faceva lì il bagarinaggio da noi per primi segnalato a mezzo stampa.

Giungiamo al tornante prima di Quota 1000 e parcheggiamo sugli stalli ora gratuiti, in modo da non intralciare il traffico dei grossi bus granturismo che salgono e che scendono ed anche perché pare che lì sopra sia vietato parcheggiare per noi comuni mortali. Entriamo nella corte dei miracoli del piazzale, dove veniamo ammiccati un po’ da tutti nel mentre ci avviciniamo al varco dei tornelli, inutile dirvi gli assembramenti ivi presenti, crocchi di turisti in attesa del loro turno o di capire come fare per procurarsi un biglietto.

Qui andrebbe aperta un’importante parentesi: se un turista viene sul Vesuvio, lo fa perché il nostro Vulcano è arcifamoso in tutto il mondo e non perché sa che da 25 anni a questa parte c’è un parco nazionale che dovrebbe tutelarlo, e ancor meno sa che esiste un sito internet che ne spiega la fruizione e questo per non parlare della complessità, a maggior ragione in mancanza di rete, del sistema approntato dal concessionario per la vendita dei biglietti. Ecco perché sono spuntati come funghi lungo la strada biglietterie fai da te che consentono ai più scaltri di scaricare il biglietto elettronico grazie ad una connessione on-line decente.

Giunti ai tornelli, passano mia figlia col biglietto ridotto e il compagno con quello intero e mi accingo a passare anche io con quello gratuito, avendo il patentino di guida turistica ed essendo anche per questo sempre entrato gratuitamente al Gran Cono. L’addetto della artem, al sentire scandito con enfasi il mio nome mi dice: “questo biglietto non è valido, le guide turistiche pagano il biglietto pieno come tutti gli altri.” – Trasecolo. Sì, in effetti sapevo di questa cosa presente nel nuovo regolamento, ma pensavo fosse stata superata per la sua assurdità e per le proteste delle guide turistiche ma invece no, avevo peccato di ingenuità; prendo atto della cosa ma una soddisfazione però me la levo e dico all’addetto: “mi fa piacere tanta solerzia nel verificare la validità del mio biglietto ma mi sarei augurato uguale trattamento verso chi vi porgeva i biglietti col semplice codice QR e senza i dati anagrafici dei turisti.” Venendo in tal modo meno alle regole anticovid che avrebbero giustificato la riorganizzazione dello spiazzale e del sistema di biglietteria; evidentemente le guide turistiche sono più contagiose di altre professioni turistiche.

Rammaricato saluto mia figlia e il compagno che salgono accompagnati dalla guida vulcanologica e vado a sbollire la mia rabbia più giù, cerco un bagno ma neanche l’ombra; bello vantarsi delle centinaia di migliaia di turisti all’anno ma dove pisceranno mai tutti questi turisti? Mah! Scendo verso il bar, passando là dove esistevano degli interessanti pannelli illustrativi del Parco, ora invece mi muovo tra i bus parcheggiati e i cassonetti ricolmi di plastica (alla faccia del plastic-free!) e di rifiuto indifferenziato. Al bar saluto le persone che mi riconoscono e che mi offrono gentilmente da bere, mi metto all’ombra, l’unica fornita in quel luogo assolato, e osservo lo scorrere degli eventi.

Decine di turisti usavano il bar come bagno e soprattutto come servizio informazione del parco nazionale del Vesuvio, gli addetti, con garbo e con pazienza e senza imporre acquisti, fornivano informazioni utili e addirittura l’accesso alla rete grazie al loro router. In quell’oretta che ho sostato lì, decine di persone entravano chiedendo il luogo preciso dove poter comprare il biglietto e la risposta era sempre la stessa: “on-line, on-line!”

Ora, io ho l’onore e l’onere di essere un insegnante ed è risaputo che, se uno solo degli alunni non capisce un concetto, potrebbe essere una sua disattenzione ma, se è tutta la classe a non comprendere la lezione, evidentemente il problema sono io. Quindi, rapportando questa metafora alla nuova regolamentazione di Quota 1000, passata l’emergenza covid, se non prima, il parco dovrebbe rivalutare seriamente un’organizzazione più realistica di quella attuale.

Resta il fatto che, sia il presunto decongestionamento di Quota 1000 ad opera del comune di Ercolano, sia la riorganizzazione dell’ente parco, hanno creato più problemi che altro, aumentando il disagio dei turisti, favorendo i più furbi e gli ammanigliati, e tenendo sempre più lontani i vesuviani dal Vesuvio. Complimenti!

PS: qualora qualcuno pensasse che a parlare siano i numeri, quindi gli accessi al Gran Cono, faccio notare che il Vesuvio, dal Grand Tour ad oggi, s’è sempre venduto di per sé e non grazie alla precaria offerta turistica e ad un parco nazionale che dovrebbe pensare più a difendere il contesto naturale che ad organizzare concerti in zona A con tanto di gruppi elettrogeni per l’amplificazione e pubblico nelle precedenti edizioni. Il PNV dovrebbe tutelare la natura e non fare il tour operator.