Sulla strada del Monte Cervati

Panoramica del Massiccio del Monte Cervati (foto di C.Teodonno)

Secondo il senso comune, quando si parla di ambientalismo, è come parlare di un qualcosa di monco, di un qualcosa di incompleto e superfluo, l’immagine che si ha dell’ambientalista è quella di colui che si lamenta  e dice no a priori e che va avanti per dogmi senza cognizione della realtà socio-economica che lo circonda.

La posizione del CAI e dell’ambientalismo in genere, è per fortuna meno pregiudiziale di quanto la si voglia talvolta opportunisticamente mostrare, perché ci rapportiamo coerentemente a quanto riteniamo più importante ovvero la salvaguardia della natura fonte di vita e benessere, non solo per gli animali e le piante, ma per l’uomo stesso, ecco perché, quando si parla di sviluppo, non dimentichiamo quanto questo sia complementare con la tutela ambientale e non prioritario poiché, ferma restando la vitale importanza della salvaguardia degli ecosistemi e degli usi e costumi locali, se è la natura ad essere l’elemento attrattivo per il turismo di montagna; questa non può degradare in virtù di un’economia e una politica che non la tenga in considerazione o che lo faccia solo in maniera fittizia, a scapito di squilibri naturali tali da pregiudicare salute e paesaggio nonché il fine stesso del presunto sviluppo.

Detto ciò e rapportando questa premessa ad una realtà più concreta, riteniamo che l’Intervento di miglioramento e messa in sicurezza dell’accessibilità al Monte Cervati, messo in atto dal Comune di Sanza e come sembra avallato da tutti gli enti interessati, in primis il Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni, sia, se non improvvido, quanto meno da rimodulare. Questo perché, là dove il progetto della “messa in sicurezza” della strada del Cervati valuta praticamente tutto a livello di cantiere, non spiega, ad esempio, come gestirà l’impatto antropico quando la strada entrerà a pieno regime. Producendo assiomi dalla dubbia veridicità come quello della diminuzione delle emissioni degli automezzi per la maggiore velocità di percorrenza per il nuovo manto stradale, senza tenere in conto del maggiore flusso di automezzi che, rapidamente o meno, percorrerà la strada una volta completata; un ragionamento ex post di non poco conto.

La strada appunto, se questa esiste, ciò accade perché c’è un luogo da raggiungere e, al momento, quel luogo non è altro che un luogo di culto, venerato e frequentato sì, ma praticamente solo un paio di volte all’anno, con o senza il “miglioramento” della via per raggiungerlo. Ci chiediamo quindi, per quale ragione mettere in sicurezza una strada (alias mettere in opera uno strato misto cementizio) quando questa è in realtà poco percorsa? In effetti, il sospetto che, una volta completati i lavori, questa possa servire per portare mezzi e materiale per altre realtà giudicate a loro volta ecocompatibili e di pubblica utilità, è assai forte. Soprattutto in virtù del fatto che già in passato, lì, sul Cervati, la vetta interna più alta della Campania, volevano farci concerti e piste da sci e questo prima ancora di parlare di strade. A questo aggiungiamo che, lungo il percorso di tale via, esistono strutture preesistenti fatte addirittura dal Parco e che in data 4 aprile 2022 è stata deliberata dalla giunta comunale di Sanza la “realizzazione di aree di sosta e pic-nic sul Monte Cervati-Rifugio Vallevona”.

Ma a ciò vorremmo aggiungere dell’altro, a nostro parere molto più rilevante dal punto di vista amministrativo; perplessità che elenchiamo a seguire.

Le carte, quelle che apparentemente sembrano essere sempre inappuntabili, pare invece, salvo nostre sviste e sempre nel pieno spirito di collaborazione con gli enti delegati, che siano però piene di lacune. In primis il progetto, che è del 2008, viene ripreso poi nel 2018 ma, la Conferenza dei Servizi, per quel che concerne una Zona di Protezione Speciale (Z.P.S.), doveva essere indetta dall’ente gestore, il Parco, e non come è invece accaduto, ad opera del comune di Sanza, a meno che non esistesse una espressa delega in favore di questo.

In più, la Valutazione di Incidenza Ambientale (V.I.A.) è stata fatta sulla valutazione di normative del 2010 e superate nel 2018 e, a loro volta, superate nel 2020. Ciò vuol dire che il parere degli enti preposti risale a una fase che va dal 2009 al 2011, quindi la Sovrintendenza, l’Ente Parco, l’Autorità di Bacino la Comunità Montana hanno dato pareri fino al 2011 ad un progetto del 2018. Lo stesso parere positivo che il progetto ha ricevuto da parte della Regione Campania, è del 2012 quindi: si riferisce al progetto del 2008 o a quello del 2018? Ovviamente a quello del 2008 di conseguenza, quando è stato ripresentato il progetto del 2018, bisognava rifare la procedura perché non può esser preso per buono il parere che fu dato allora. La procedura di valutazione predisposta nel 2019 è del resto un copia/incolla di fonti reperibili in rete, non c’è infatti nessuna valutazione specifica che riguardi le specie animali presenti nel sito specifico. La valutazione è stata fatta dalla Regione sulla base di linee guida del 2010 e che sono state abrogate nel 2020. Il S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario) Monte Cervati, è stato nel frattempo trasformato in Z.S.C. (Zona Speciale di Conservazione) nel 2019, mentre le carte parlano ancora di S.I.C. quindi, quando si passa da SIC a ZSC ci deve  essere un piano di gestione, e cosa dice tale piano? Perché non viene riportato?

Ma, alla luce di tutto ciò e in base alla nostra premessa, e col beneficio del dubbio che possano esserci altri documenti a noi sconosciuti, una proposta seria la vorremmo fare noi del CAI, in quanto profondi conoscitori della montagna e ambientalisti ante litteram e questo per evitare un nuovo Gelbison, là dove, sempre in Cilento, la strada, in estate, porta centinaia di autovetture e bus di turisti fino in vetta e a netto discapito dell’integrità dell’ecosistema.

Pertanto, se strada dovrà essere: che lo sia solo in parte. Che lo sia fino ad un certo punto e che lo sia soltanto in quel periodo dell’anno quando le processioni passeranno per quei luoghi e si potrà così permettere anche a coloro che ne saranno impossibilitati, di poter raggiungere quel luogo di fede.

Mettere un controllo, un varco, non ci sembra inoltre un qualcosa di impossibile da realizzare in un’ area protetta, soprattutto quando questa è da tempo oggetto di scorribande di quad, moto, motoslitte e fuoristrada per cui, a carico dei vari enti che amministrano il contesto: Comune, Ente Parco e Comunità Montana, si potrebbe sinergicamente trovare modo e denaro per realizzare questo accesso e gestirlo tutto l’anno. A meno che, la religione, come spesso accade per la storia dell’umanità, non sia la solita scusante per portare, in un modo o nell’altro, avanti la nuda e cruda economia.

COMUNICATO STAMPA