Il lagno di Trocchia, Sant’Angelo e le Chianatelle

Panorama da Sant’Angelo

Questo percorso è un approccio ad alcuni dei luoghi più reconditi e sconosciuti del Vesuviano. Si passa dal tessuto cittadino di Trocchia, l’altra frazione del comune di Pollena, ad un contesto più genuinamente rurale, fino al fitto bosco del monte Somma e le oscure “sorgenti” delle Chianatelle.

Si parte appunto dal bel borgo di Trocchia, parcheggiando eventualmente l’auto in via Vallone presso l’ennesima statua di Padre Pio, da non confondere però con quella che sta ai cosiddetti Murilli ‘e Trocchia, nel comune di Sant’Anastasia. Via Vallone non è altro che il tombamento del lagno di Trocchia, che più a valle si congiungerà con quello di Pollena e con altri lagni minori, con i quali giungeranno presso il grande collettore di Cercola e continueranno seguendo il tracciato di via Argine fino a Napoli per poi sfociare nel suo porto in zona San Giovanni a Teduccio. Noi seguiremo per buona parte l’alveo del lagno di Trocchia per raggiungere la prima meta del nostro itinerario ovvero la cappella di Sant’Angelo.

Partendo quindi dal suddetto parcheggio raggiungiamo dopo poco più di 200 metri il collettore dove il lagno viene tombato e dove troviamo purtroppo segni evidenti di scarichi e sversamenti di rifiuti anche al suo interno. Da qui in poi bisogna seguire a monte il percorso del lagno. Dopo altri 250 metri circa arriviamo ad una prima briglia dove svolteremo a destra e risaliremo via Lo Grado, una strada ampia, mista di cemento e antico basolato, sulla nostra destra troveremo una struttura religiosa non consacrata dalla chiesa cattolica ufficiale, definita come il Volto Santo.

Risalendo ancora il lagno, dopo poco meno di 300 metri, giungiamo ad un’altra grande briglia, anche qui svolteremo a destra lasciando l’alveo del lagno che proseguirà invece sulla nostra sinistra con le sue strutture di base borbonica ma rimaneggiate in epoche successive all’unità d’Italia. Qui l’aspetto della strada cambia in un lastricato abbastanza antico e dove è possibile leggere sulle lastre anche i segni della consunzione del tempo, dovuti allo scorrere delle acque o chissà, forse dai carri che lo percorrevano. Al primo bivio che si incontra, di fronte ad una casa, si svolta a sinistra e, per quanto il percorso diventi pienamente rurale, dove prevarranno albicocchi e ciliegi, la strada è in cemento ed è assai ripida, e sale dritta superando rapidamente un bel dislivello di circa 150 metri.

 

In maniera più graduale, costeggiando alcuni terrazzamenti coltivati a pomodorino durante l’estate, si arriva finalmente, e dopo quasi tre chilometri dalla partenza, ai 450 metri di altezza della cappella di Sant’Angelo. La sua struttura moderna è nel territorio di Sant’Anastasia ed è poggiata su di un tuoro, una collinetta frutto dell’antico collassamento di un versante del Somma. L’architettura spontanea dell’edificio non toglie valore al luogo, dal quale si gode un pregevole panorama che va dal Golfo di Napoli fino all’hinterland partenopeo, stagliandosi fino al Casertano ed oltre, sarà anche possibile riconoscere gli abitati di Massa di Somma, Pollena Trocchia, Sant’Anastasia e Somma Vesuviana.

In passato c’era l’usanza in quel di Trocchia e di Sant’Anastasia di celebrare la primavera con una festa devozionale subito dopo Pasqua ma la tradizione è andata scemando col tempo fino a perdersi del tutto, lasciando questo luogo in mano ai vandali e alla strenua resistenza di chi si ostina ancora nel difenderlo.

Proseguendo il sentiero, nel frattempo divenuto di terra battuta, attraversiamo altri bei campi coltivati a pomodorino, vite e ancora albicocchi e ciliegi, fino a diventare prettamente boschivo e dove prevale il castagno, oltre all’immancabile robinia. Proprio qui, a 500 metri d’altezza, questa pianta infestante ricambia il fastidio con un ottimo miele d’acacia raccolto dagli apicoltori locali. Con la primavera inoltrata, saremo invece circondati dalle splendide orchidee vesuviane, in questo contesto prevarrà la specie Dactyloriza saccifera presentandosi nella sua caratteristica forma di spiga. A quota 650 metri e dopo più di quattro chilometri dall’inizio della nostra escursione, il sentiero, dopo una grossa frana, si interrompe bruscamente davanti ad un muro di boscaglia e sterpaglia, per proseguire bisogna individuare sulla nostra destra uno stretto e malandato sentiero, puntellato in alcuni tratti da scalini di legno e che si inerpica lungo un costone che porta ad un crinale ancora coltivato tenacemente da alcuni appassionati della Muntagna.

Seguendo la cresta del crinale arriviamo, non senza qualche difficoltà per la vegetazione spontanea, fino ad un piccolo canalone che scende perpendicolare al crinale e che porta ad un salto, poco visibile perché coperto dalla fitta vegetazione. È proprio in questo punto che bisogna svoltare a sinistra e proseguire, facendo molta attenzione a dove si mettono i piedi, fino ad una piccolissima radura dove potrà essere individuato un pozzetto di captazione delle acque piovane in pietra lavica, siamo arrivati a 680 metri sul livello del mare alle cosiddette Chianatelle.

A monte del pozzo, ormai colmato dai detriti e dalla sabbia vulcanica, c’è un sentiero che altro non è che un lagno che prosegue in linea retta fino al sentiero numero tre del PNV, quello delle Baracche, al quale si arriva dopo scarsi 200 metri di dislivello e poco più di 800 metri lineari, superando almeno tre briglie semicoperte e una foresta a tratti impenetrabile.

Giunti sul Sentiero, nei pressi di un rudere di cisterna, si può fare una piacevole pausa in pieno bosco per poi decidere se continuare ad est, in direzione Somma Vesuviana raggiungendo la cosiddetta Traversa e salire magari su Punta Nasone, oppure tornare indietro da dove siamo venuti e godere dello splendido panorama in discesa.