Miss Gaza

 

Immagine della sfilata di bellezza a Sarajevo nel 1993 (fonte web)

“Dici che il fiume trova la via al mare. E come il fiume giungerai a me. Oltre i confini e le terre assetate. Dici che come fiume, come fiume. L’amore giungerà, l’amore. E non so più pregare. E nell’amore non so più sperare. E quell’amore non so più aspettare.”

Stamattina l’algoritmo mi ha fatto uno scherzo. A volte penso che le macchine, più che spiarci o leggerci nel pensiero, acquisiscano caratteristiche umane o forse sono gli umani che diventano sempre più prevedibili e simili alle macchine ma, sta di fatto che stamattina, mentre in auto ascoltavo spotify e mentre pensavo alle atrocità di questi giorni in Terra Santa, quell’infame dell’algoritmo mi mette Miss Sarajevo.

Ora, per noi tra la generazione x e quella dei baby boomer, questa canzone del 1995 dice forse qualcosa ma per i più giovani c’è bisogno di una spiegazione. Miss Sarajevo è un pezzo di quelli che una volta chiamavano i supergruppi, nel caso specifico quello dei Passengers, che altro non erano che gli U2 e Brian Eno, ma anche la bonanima di Pavarotti ed era un brano assai toccante che si ispirava ad un fatto realmente accaduto nel 1993 ovvero un concorso di bellezza durante la guerra balcanica, un anelito di normalità nell’assurdità della guerra.

Non è che io ami i concorsi per miss, e del resto ognuno fa della sua vita e del suo corpo ciò che vuole, ma preferirei essere bombardato mediaticamente dalle immagini di quei concorsi invece di ricevere bombe vere o sapere che, altrove nel mondo, c’è chi mortifica una donna in quanto tale e ne fa bottino di guerra e trofeo da esibire. Vedere infatti in questi giorni quei ragazzi del concerto di Psyco Trance umiliati, sequestrati o uccisi da una furia cieca e misogina, che molto poco ha a che vedere con una pur sacrosanta autodeterminazione del popolo palestinese, mi fa capire la follia cieca che muove le logiche della guerra, una follia, in quanto tale, fine a se stessa come quella di una mandria di buoi inferocita che non guarda in faccia a niente e nessuno, fin quando non esaurisce la sua carica di odio.

La politica israeliana ha colpe gravi ed ha tra l’altro permesso l’avanzata dei coloni nei territori palestinesi e, dopo i fatti di sabato 7 ottobre, avrà ancora più campo libero per il suo espansionismo e per la sua tracotante e sovrastante violenza militare, ma come si può accettare che Hamas sia la Palestina? Come accettare l’uccisione di civili inermi che potrebbero tranquillamente essere i nostri figli?

Hamas non è la Palestina, e comunque non deve esserlo, per il popolo palestinese, per Israele e per il mondo intero. Altrimenti sarà solo un bagno di sangue fratricida per loro, e un tifo da stadio per noi ma, come spesso accade nelle guerre, chi ne pagherà le conseguenze saranno sempre e comunque i civili, gli innocenti e i più deboli, ostaggio di chi è forte solo per la massa umana che gli sta alle spalle o per le armi che ha in pugno.

Per questo io ora voglio le miss e perché no? Vorrei una Miss Gaza, voglio la banale normalità di un concorso di bellezza dove ragazze palestinesi, con o senza velo, belle e brutte, ma libere, libere di essere quel che sono: ragazze col futuro negli occhi e le mani tese verso il mondo, che sia quello oltre la barriera di Erez o quello di Gaza, dove la donna continua ad essere mortificata da un malintesa lettura del Corano ma soprattutto da un mondo di uomini schiavi della loro bestialità e delle loro paure.