Parco Nazionale del Matese: le annotazioni di Fraissinet

Perimetrazione del costituendo Parco Nazionale del Matese (foto fonte M. Fraissinet)

L’autorevole opinione di Maurizio Fraissinet sul costituendo Parco Nazionale del Matese. Il riscontro di una visione talvolta distorta e superficiale di un’area protetta, ancora una volta vista come un bankomat e non un occasione di sviluppo armonico e sostenibile del territorio. Ma soprattutto l’anomalia tutta italiana di una tutela ambientale che rischia di passare in secondo piano rispetto a tutto quanto fa guadagno e speculazione.

L’istituzione del Parco Nazionale del Matese colma un vuoto nella conservazione della natura in Italia. Il Matese infatti ha una valenza naturalistica nazionale, se non internazionale, sia in termini di biodiversità presente, ma anche per il ruolo di corridoio indispensabile che riveste nel tenere collegate le popolazioni di varie specie vegetali e animali lungo la dorsale appenninica.  A questo si aggiungano gli aspetti paesaggistici (uno per tutti la presenza del lago carsico più in quota d’Italia), culturali, con il forte legame con la storia dei Sanniti e la grande tradizione silvo – pastorale.

Per questi motivi il Parco, peraltro atteso da decenni, non può fallire la sua missione, e perché ciò avvenga è necessario che, a partire dalla perimetrazione e dalla zonazione, non si commettano errori iniziali e si rimanga il più vicino ancorati al rispetto delle conoscenze scientifiche e delle buone pratiche gestionali derivanti dall’esperienza ormai maturata nel mondo della conservazione anche in Italia.

Con questa premessa si riportano di seguito alcune osservazioni sulla proposta di perimetrazione e zonazione provvisoria del Parco Nazionale del Matese, osservazioni che si basano su esperienze già acquisite dell’Autore, da anni impegnato nel campo della istituzione e gestione delle aree naturali protette.

  • Quale limite del lato campano casertano fino a Piedimonte andrebbero usate la Strada Statale 158, e la Strada Provinciale 34 a partire da San Potito per il beneventano. I confini di un Parco devono essere ben definiti e comprensibili dalla popolazione. Inoltre utilizzare le strade consente di poter apporre con facilità la segnaletica. Si aggiunga che è sempre bene tenere fuori dai confini di un’area naturale protetta strade ad elevato traffico e a scorrimento veloce per i problemi gestionali che pone all’Ente nel suo quotidiano amministrativo
  • Non è il caso di inserire nel territorio del Parco comuni con meno di 100 ettari di superficie interna allo stesso – Reino, Fragneto Monforte, Presenzano, Cercemaggiore e Vinchiaturo. Averli nel Parco significa averli anche nella Comunità del Parco con un potere di voto pari a chi ha il 100% del territorio incluso nel Parco, ed avere gli stessi diritti alla priorità nella ricerca di eventuali finanziamenti in base alla legge 394 / 91. Non penso, ad esempio, che l’1,84 ha del Comune di Vinchiaturo siano di una tale importanza naturalistica da giustificare l’ingresso nel Parco. Sembra quasi una corsa ai finanziamenti interessando il minimo indispensabile di territorio. Ciò potrebbe far sorgere conflittualità all’interno della Comunità del Parco e tra le popolazioni stesse. E del resto un comune che entra con solo pochi ettari in un Parco Nazionale sembrerebbe avere una sola giustificazione, quella dell’interesse economico e non anche quella dell’interesse conservazionistico. Non sembra essere un buon motivo e questo inevitabilmente si ripercuoterà nella storia dell’Ente Parco che verrà.
  • Non è il caso di tenere dentro i confini del Parco l’area industriale di Morcone. Non ha senso per un Ente Parco tutelare un’area industriale che non ha nulla di naturalistico, ma che, al contrario, potrebbe sollevare, nella gestione quotidiana dell’Ente Parco, notevoli conflittualità che comporteranno distrazioni di risorse umane ed economiche alla conservazione della natura.
  • Il Comune di Ciorlano deve essere cosciente che gli orribili impianti eolici che sovrastano la collina sotto la quale è collocato il paese e che hanno, di fatto, rovinato uno dei paesaggio più belli dell’alto casertano, rendendolo improponibile al mercato turistico, non sono compatibili con le finalità di tutela della fauna nel Parco e che pertanto, prima o poi, andranno rimossi.
  • Il corso del Fiume Lete e il corso del Fiume Tammaro, con le relative sponde, devono essere zona A, così come lo deve essere parte dell’invaso della diga di Campolattaro, l’intero lago Matese, e relative sponde, l’intero lago Gallo e relative sponde. La zona A tutela le aree con la maggiore valenza naturalistica, le località citate ospitano la nidificazione e la frequentazione di specie di uccelli e mammiferi inserite negli allegati delle Direttive Comunitarie “Uccelli” ed “Habitat”, e pertanto lasciarle fuori dalla zona A è un errore grave con gravi conseguenze sulla possibilità di tutelare specie a rischio, che è una delle finalità prioritarie, se non la prioritaria, di un Ente Parco.

Maurizio Fraissinet

Già Presidente del Parco Nazionale del Vesuvio e Commissario del Parco Regionale del Matese, Vicepresidente di Federparchi e Responsabile di Staff per le Aree Naturali Protette della Presidenza della Regione Campania. Presidente dell’ASOIM