Bucce d’arancia

Bucce d’arancia nello Slargo della Legalità, Ottaviano, PNV (foto di C.Teodonno)

Del come e del perché l’ipocrisia non sia biodegradabile.

Io mi rendo conto che le bucce d’arancia, quelle di banana e di altri frutti siano biodegradabili, così come anche i fazzolettini di carta lo sono, ma la regola primaria di ogni buon escursionista sarebbe quella di lasciare, come unica impronta nella natura, quella dei propri scarponi o, come dicono anche i boy scout, bisognerebbe lasciare il mondo un po’ più pulito di come lo si è trovato.

Ma ahimè, ahinoi! Molti non rispettano tale norma e ormai, soprattutto in quei luoghi più affollati dagli escursionisti della domenica, il pattume, e non solo quello biodegradabile, abbonda. Mi ricordo ad esempio come mi diede fastidio, allorquando raggiunsi la cima occidentale del Corno Grande del Gran Sasso, notare che tutt’intorno alla croce della vetta c’erano tante bucce di banana che, per quanto organiche, non rendevano di certo quel luogo più ameno e degno degli scalatori che lo raggiungevano; idem con patate tutto il percorso ascensionale, pieno di fazzolettini di carta dei catarrosi e incontinenti escursionisti. Del resto, chi vorrebbe sostare nell’immondizia altrui? E l’escursionista, non dovrebbe avere una sensibilità maggiore rispetto al tema ambientale? Mah! Sta di fatto, che la cazzima tutta nostrana non contempla la coerenza del non-fare-agli-altri-quel-che-non-vorresti-fosse-fatto-a-te, e quindi prevale la nostra egoistica necessità su quella collettiva e quella ambientale, ma coll’aggravante del pretendere anche di aver ragione col pretesto della biodegradabilità o quello del voler nutrire gli animali.

Certo, mi rendo conto che, alle nostre latitudini, parlare di bucce d’arancia pare allamentarse d’o supierchio, ovvero cercare il pelo nell’uovo, viste anche le vere e proprie discariche che incontriamo lungo i nostri itinerari, dove gli approcci dei sentieri sono pieni di pneumatici, guaine d’asfalto, eternit e tutto quanto inciviltà e ipocrisia possono produrre, e vi assicuro che, quando sento dire da chi getta per terra l’involucro della caramella Club, divenuto ormai un vero e proprio elemento costitutivo del terreno vesuviano, che è carta, perché si usa dire ancora “la carta della caramella”, pur essendo questa di plastica, allora non so se trovarmi al cospetto di un ignorante o di un ipocrita o, ancor peggio, dell’unione terribile delle due cose assieme! In base a questa filosofia tutta nostrana accade quindi che anche le salviettine imbevute di tessuto-non-tessuto, che biodegradabili non sono, e i tanti involucri degli integratori che molti “atleti” usano gettare o “casualmente” perdere durante le loro prodezze sportive, vadano ad arricchire il sostrato del calpestio vesuviano, in antitetica compagnia col materiale piroclastico e partendo proprio dal deleterio esempio di chi, quelle bucce d’arancia non potevano proprio riportarsele, tra l’altro in forma più leggera, a casa.

Tornando quindi a ciò che effettivamente biodegradabile è, ovvero alle bucce dei frutti, che giustamente consumiamo per reintegrare zuccheri, sali minerali e acqua, queste non solo non dovrebbero essere gettate per terra per una semplice forma estetica, ma anche per il semplice fatto che in quel luogo, se questo non è un aranceto o un meno probabile bananeto, quelle bucce di arancia e di banana costituirebbero un introito non coerente con la consistenza di quel suolo e questo ancor meno se si tratta di un’area protetta dove il suolo è importante così come l’aria e l’acqua e che potrebbe essere alterato da elementi organici alloctoni. Inoltre, introdurre cibo sotto forma di rifiuto, per gli animali di una riserva naturale, questo potrebbe costituire, se non un pericolo per le stesse bestiole, un altrettanto pericoloso incentivo per queste ad avvicinarsi sempre più ai contesti antropizzati e con tutti i pericoli e le conseguenze negative del caso, a totale discapito degli animali e quasi mai per l’uomo.

Quindi, quando ci muoviamo in un contesto naturale, e sarebbe comunque lecito farlo per senso civico anche in altri di contesti, bisognerebbe evitare di gettare rifiuti biodegradabili o presunti tali, e non perché gli altri ce lo fanno notare, ma per convinzione, per rispetto e, se proprio non ci arriviamo, per mero egoismo, poiché il rischio sarà quello di ritornare in quel luogo più sporco di prima e questo sarà dovuto direttamente o indirettamente anche alla nostra responsabilità.

 

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