Gente d’a Muntagna

Falò del Sabato dei Fuochi presso la “Traversa”

Riflessioni postume e semi sobrie sul Sabato dei Fuochi

Ci sono luoghi unici, per bellezza e per ciò che evocano, luoghi del cuore, dell’anima, della tasca e d’a brachetta ma difficilmente ne esistono tali da suscitare a distanza di anni, allo stesso tempo e a persone radicalmente diverse, le stesse emozioni. Un buco spazio temporale dove ogni anno, luna permettendo, ci si ritrova tutti assieme a celebrale la ritualità di un evento, che per molti è sacro, per altri è etilicamente profano, ma da tutti vissuto con la stessa ciclica intensità, la medesima fratellanza che, almeno una volta all’anno, ci fa dimenticare la contingenza, elevando dionisiacamente al cubo lo spirito di vino e la voglia di esistere.

Ma il nostro spirito è tutt’altro e dopo due primavere quasi a secco, si è ritornati con maggiore speranza sul Ciglio per celebrare il rito! E questo va bene, va bene per chi ci passa per caso, va bene per l’habitué, per il paranzaro DOC e per chi vive al margine di ogni cosa ma, con la stessa passione di sempre, patisce l’attesa della vigilia e lo sforzo dell’ascesa perché, siccome viviamo tutti delle stesse necessità, cerchiamo, in un modo o nell’altro di dare un senso alla nostra esistenza, consci di quello che siamo e ancor più convinti di quello che vorremmo essere.

E siamo d’accordo che a valle tutto torna come prima, stessa vita di sempre, stesse paure, talvolta angoscia, astio e lite ma vuoi mettere che su è tutta un’altra cosa? Vuoi mettere l’emozione condivisa fino alle lacrime di un amico che pensava di non poter esser più lì? L’abbraccio vero di chi ti vede con affettuoso piacere solo una volta all’anno, bastandogli solo questo per esser felice e sorriderti? E il rispetto di gente che per strada ti liquiderebbe con sprezzo o indifferenza? Ecco, la vita sta tutta là, sul Ciglio, annanz’a Madonna, perché lei è una mamma, e una mamma ce l’abbiamo più o meno tutti quanti e sappiamo che garantirà lei per noi e ci guiderà lungo le strade della vita e per questo, solo chi sale sul Monte Somma per le celebrazioni mariane può capire cosa significa farlo, per gli altri c’è la partita in tv o la brace fuori al balcone o, ancor meglio, il post su facebook. Noi siamo diversi, balliamo, zompiamo, godiamo del poderoso tonfo della tammorra e giochiamo con l’intreccio dei corpi del suo ballo, e innalziamo sulla pertica i nostri cuori col canto a Figliola, gioiamo col caldo e col freddo, col vento e con la pioggia, con le lacrime e con le risate, pecché nuje simme genta seria, nuje simmo gente ‘e paranza, simmo d’a Muntagna.

Pe cient’anne!

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