Una visita all’antico teatro di Ercolano, dove nacque l’archeologia

L’ingresso storico del Teatro di Ercolano, sul corso Resina (foto L. Scarpato)

Una scoperta casuale

Nel 1709 Ambrogio Nocerino, un contadino della piccola cittadina di Resina decise di scavare un nuovo pozzo nella sua proprietà. Il materiale era compatto, difficile da scavare, resistente e duro più del tufo. Era infatti il deposito piroclastico dell’eruzione del 79 d.C. che seppellì l’antica Herculaneum.

Ambrogio Nocerino però di tutto ciò non sapeva nulla, sapeva solo che stava spendendo fior di denari e tanta fatica per trovare quell’acqua tanto desiderata per le sue coltivazioni.
Possiamo solo immaginare il suo disappunto quando a 25 metri di profondità, dopo un immane lavoro, invece di trovare l’acqua trovò dei marmi.

Il pozzo scavato da Ambrogio Nocerino (foto L. Scarpato)

La notizie del ritrovamento di questi marmi arrivarono al duca d’Elbeuf, comandante della cavalleria austriaca a Napoli, che in quegli anni stava costruendo la sua residenza al Granatello di Portici su progetto di Ferdinando Sanfelice.
Il duca acquistò il pozzo e in nove mesi di lavoro tramite cunicoli portò a termine l’esplorazione di tutto il fronte scenico del teatro, che però allora fu creduto un tempio dedicato a Giove.

Il modello ricostruttivo ottocentesco del Teatro di Ercolano (foto L. Scarpato)

Il teatro, costruito sotto l’imperatore Augusto dall’architetto Publio Numisio, fu dunque il primo elemento scoperto dell’antica città di Ercolano ma ancora oggi è totalmente sottoterra, ricoperto da quel durissimo strato di piroclasto solidificato, tanto duro da scavare ma che ha conservato per due millenni quasi perfettamente anche elementi organici.

Il durissimo e compatto materiale piroclastico solidificato che seppellì l’antica Ercolano nel 79 (foto L. Scarpato)

Da allora il teatro è stato esplorato completamente e purtroppo conseguentemente anche spoliato di marmi, statue  e affreschi, cosa normale a quell’epoca quando l’archeologia doveva muovere ancora primi passi e la ricerca era indirizzata esclusivamente alla scoperta di tesori sepolti.

La visita alla culla dell’archeologia

Questa ed altre storie su questa straordinaria scoperta ora si possono ascoltare direttamente sul posto.

Un momento della visita (foto L. Scarpato)

Fino a fine anno infatti, è prevista l’apertura straordinaria del teatro con visite guidate e splendidamente illustrate direttamente dal team di archeologhe che sta conducendo lo studio del teatro. Per l’opportunità concessaci di partecipare a questa entusiasmante visita, desideriamo ringraziare la dottoressa Daniela Leone dell’ufficio stampa del Parco archeologico di Ercolano.

L’accesso allo scavo avviene dall’ingresso storico creato in epoca borbonica al Corso Resina 123 e dopo aver indossato elmetti, lampade frontali e impermeabili, si è pronti per calarsi a 25 metri sottoterra.
La visita inizia con l’illustrazione di alcuni reperti lapidei superstiti degli antichi scavi. Si passa quindi a percorrere un lungo tunnel che permette l’affaccio su una porzione della media cavea messa alla luce da un pozzo di aerazione.

Quindi una scala creata nel XVIII secolo per permettere l’accesso e le visite ad amici della famiglia reale e notabili, ci condurrà direttamente al fronte scenico che fu proprio il primo elemento intercettato dal pozzo di Nocerino.

Il proscenio (foto L. Scarpato)

Anche se più agevole rispetto a quella degli antichi scavatori la visita consente ancora oggi di vivere il fascino della scoperta e ci si sente un po’ esploratori aggirandosi nei cunicoli tra quei resti antichi.

Dallo scavo dei tesori all’archeologia

La guida ci illustrerà l’immane lavoro condotto per indagare interamente il teatro, ci parlerà dei vari ingegneri e architetti che hanno condotto le operazioni per conto di Carlo di Borbone, quali Joaquín de Alcubierre, Karl Weber e Francisco de la Vega.
Apprenderemo poi dei primi scavi volti alla ricerca di pregiate opere d’arte e materiali preziosi da riutilizzare, e dell’introduzione poi di modalità di scavo e studio che porteranno alle moderne concezioni archeologiche.

E poi sapremo delle mappe redatte direttamente dagli scavatori tramite precisissimi rilievi nonostante l’ostacolo della lava e conosceremo la capienza del teatro stimata in 2500 spettatori. Scopriremo alcune lapidi sulle quali è inciso il nome della citta: Herculaneum.

Impronta nella lava del viso della statua di Marco Nonio Balbo (foto L. Scarpato)

Si vedrà dal basso il pozzo scavato dal Nocerino e il calco del viso della statua di Marco Nonio Balbo rimasto impresso nella lava che travolse la statua, e ancora i resti di affreschi che decoravano la scena del teatro.

Potremo leggere graffiti sugli intonaci i nomi degli antichi esploratori e scavatori, personaggi sconosciuti ma che col loro lavoro hanno permesso di ammirare questa straordinaria vestigia del passato.
Infine una antica scritta ci racconta della fine dell’amore tra un giovane ercolanese e la sua bella.

Iscrizione antica sullo sfondo e una settecentesca in primo piano (foto L. Scarpato)

Oggi la discesa al teatro è certamente più agevole di un tempo anche se l’umidità, l’acqua che filtra dal soprasuolo, e i tanti gradini richiedono di prestare attenzione durante le visite, possibili esclusivamente il sabato e con alcune limitazioni.

Per informazioni più specifiche sulle modalità di visita e prenotazioni consultare i seguenti link:
https://ercolano.beniculturali.it/oraricontatti/
https://www.beniculturali.it/luogo/parco-archeologico-di-ercolano-teatro-romano

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